C'è stato un tempo in cui i calciatori
erano persone normali. Tempi in cui gente come Gianni Rivera e Mario
Corso, non esattamente corazzieri, riusciva a “sfondare”. Tempi
in cui la tecnica era ancora il criterio principale per giudicare un
giocatore di calcio. Tempi in cui la forma fisica era sì un aspetto
importante, ma non il più importante. Poi la scienza e la tecnologia
hanno fatto prepotentemente il loro ingresso nel mondo del pallone:
nuove metodologie d'allenamento, attenzione maniacale alla
preparazione fisica e all'alimentazione. I calciatori, oggi, sono
degli armadi a quattro ante, marcantoni dal fisico scolpito nel
marmo, montagne di muscoli messe a punto grazie ad allenamenti mirati
e programmi studiati a tavolino dai migliori nutrizionisti. L'esempio
di quanto la forma fisica conti nel calcio odierno è Cristiano
Ronaldo, uno che cura il proprio corpo come un tempio: un'automa,
quasi un robot. La forma fisica, nel calcio moderno, è tutto. C'è
però chi non ha voluto piegarsi a questa tendenza, c'è chi ha
scelto di fare il calciatore professionista fregandosene della giusta
alimentazione, della cura iper scrupolosa della condizione fisica.
Lui è Cristian Gastòn Fabbiani, è argentino, pesa all'incirca un
quintale, ma di mestiere fa l'attaccante.
Fabbiani nasce il 3 settembre del 1983
a Ciudad Evita, cittadina argentina di 70 mila anime nell'area
metropolitana di Buenos Aires. Tre le passioni del nostro: il calcio,
la buona tavola e le donne. Fabbiani vuole prendersi tutto, e non
rinuncerà mai a nemmeno uno dei suoi tre grandi amori. I primi calci
al pallone Cristian li tira indossando la casacca del Club Social Y
Deportivo Linier, poi, nel 2001, la prima chance per sfondare. A
dargliela è il Lanùs, una delle tante compagini della capitale
argentina.
Fabbiani mette in mostra una silhouette
per nulla degna di un calciatore professionista: Cristian è infatti
un omaccione di un metro e 89 il cui peso non scende quasi mai sotto
il quintale. Per contro, però, il ragazzo di Ciudad Evita sfoggia
doti tecniche da campione: tocchi di classe, numeri d'alta scuola, un
buon numero di gol. Nel 2003 Fabbiani inizia il suo giro intorno al
mondo trasferendosi in Cile, al Club Deportivo Palestino, società
fondata nel 1920 da immigrati palestinesi e che della bandiera della
Palestina, per l'appunto, porta i colori. La forma fisica è sempre
la stessa, ma ai tifosi cileni poco importa: Fabbiani segna 16 reti
in 25 gare. Tanto basterebbe per far parlare di lui. Non per
Cristian: dopo una di quelle 16 reti, Fabbiani indossa la maschera di
Shrek e corre sotto la curva. Un messaggio forte e chiaro a tutti
quelli che ironizzano sulla sua linea, come a dire “Sì, sono
sovrappeso, lo so, ma segno lo stesso, e allora?”. Cristian diventa
l'idolo indiscusso dei tifosi del Palestino, qualcuno ne invoca
addirittura la naturalizzazione per farlo giocare nella Roja. Da quel
giorno, Fabbiani è per tutti “El Ogro”, l'Orco. Le sue
prestazioni in Cile non passano inosservate, il Lanùs decide così
di riportarlo a casa: qui l'Orco non delude, segna 14 reti in 36
partite, ma la sua stazza, unita al fatto di non volerci nemmeno
provare, a perdere qualche chilo, non convince la dirigenza, che lo
spedisce addirittura al Beitar, squadra di Gerusalemme. Qualcuno
sussurra che in realtà quest'esilio sia stato causato da una
presunta relazione tra “El Ogro” e la figlia di un dirigente del
Lanùs: eccola, la terza delle passioni di Fabbiani. L'esperienza in
Israele è fallimentare: “El Ogro” supera a stento le visite
mediche, complice il suo “leggero” sovrappeso, mette insieme
appena sei presenze senza mai segnare, viene accusato di scarso
impegno e mestamente se ne ritorna in patria. Anche il Lanùs, però,
lo scarica. Il livello delle sue prestazioni è in picchiata, al
contrario della lancetta della bilancia, che sfonda il muro del
quintale.
Nel 2007-2008 la rinascita dell'orco,
al Cluj, in Romania: scudetto, coppa nazionale, 11 reti e prestazioni
da autentico trascinatore. Fabbiani lascia la Romania dopo un solo
anno, alla sua maniera, dichiarando: “Mai visto donne così belle e
uomini così brutto”. L'orco risale sull'aereo, sorvola ancora una
volta l'Atlantico e si accasa al Newell's Old Boys: in rojinegro si
vede uno dei migliori Fabbiani di sempre. La forma è quasi
imbarazzante per un atleta professionista, ma le qualità tecniche
sono di quelle che in un calciatore si vedono molto, molto raramente:
in sei mesi 15 presenze, 5 reti, una quantità infinita di giocate da
applausi, da campione vero.
Sei mesi che all'orco valgono la
chiamata di uno dei club più prestigiosi del mondo, il River Plate.
L'accoglienza è quella che si riserva ai grandi: sugli spalti del
Monumentàal i tifosi si presentano con le maschere di Shrek, le
donne con quella di Fiona, compagna del celebre orco del cartone
animato Dreamworks. Il cantante Javier Montès gli dedica anche una
canzone, “La Banda del Ogro”: è Fabbiani-mania. Con i
Milionarios, dopo un inizio promettente, Fabbiani delude però le
aspettative. Il peso di Cristian è in costante aumento, lui, l'orco,
per la verità fa poco, troppo poco per ritrovare una forma
accettabile. Solo due reti in 25 presenze, arrivano le critiche,
arrivano i fischi, arriva dopo un solo anno il tempo dei saluti. Nel
2010 Fabbiani sembra vicino ai messicani del Veracruz, che però non
lo tesserano a causa del suo peso, diventato ormai un problema troppo
grande per esprimersi a grandi livelli. La tecnica e la classe,
ancorchè sopraffine, non bastano più, se pesi la bellezza di 104
chili. Nel 2010-2011 “El Ogro” trova sistemazione all'All Boys,
squadra neopromossa nella massima serie argentina. Anche qui poche
gioie regalate ai tifosi (due sole reti), tante, tantissimi critiche
anche da parte della stampa. A Fabbiani non rimane che consolarsi con
le serie minori: Cristian firma per l'Independiente Rivadavia,
seconda serie argentina. Ancora una volta, però, la bilancia si
rivela un problema troppo grande: l'orco finisce ai margini della
rosa ed è costretto ad un altro trasferimento. Nel 2014 ad
accoglierlo è la Bolivia, dove Fabbiani firma per lo Sport Club
Warnes: otto presenze, un gol, esperienza dimenticabile. Qualcuno
parla di una carriera al capolinea, di un orco prossimo al ritiro, ma
nel 2015 ecco il colpo di scena: Fabbiani, all'alba dei 32 anni, per
la prima volta decide di comportarsi da calciatore professionista a
tutti gli effetti. Perde 26 chili e torna in patria,
all'Independiente di San Luìs, in seconda serie. Nove presenze, due
reti, poi il destino ci mette lo zampino: a Fabbiani viene
diagnosticato un tumore al gemello della gamba destra. Nulla di
incurabile, i medici danno a Cristian il permesso di continuare ad
allenarsi, ma è la definitiva parola fine per la carriera ad alti
livelli dell'orco, che nel 2016, a 33 anni, si trasferisce ancora una
volta: la destinazione è il Liga de Portoviejo, seconda divisone
ecuadoregna.
Di treni per il “grande calcio”, di
fronte a Fabbiani, ne sono passati tanti. Lui ha preferito rimanere a
guardare, regalando al mondo del calcio solo a sprazzi la sua classe
cristallina: quando voleva lui, quando lo diceva lui, senza prendere
ordini da nessuno. Doveva scegliere tra una vita da atleta, la buona
tavola e le belle donne: ha deciso di non scegliere, “El Ogro”,
ha deciso di prendersi tutto, senza mai rinunciare alle sue passioni.
Avrebbe potuto essere un grandissimo, Fabbiani, avrebbe potuto
giocare nei più grandi club del mondo, avrebbe potuto essere un
titolare nell'albiceleste. Ha scelto di essere semplicemente sé
stesso, senza dare ascolto a chi gli indicava vie diverse, a chi non
perdeva occasione per sottolineare i suoi errori, i suoi eccessi e le
sue mancanze. Ha qualche trofeo in meno nella sua personale bacheca,
ha probabilmente qualche milione in meno sul conto corrente, “El
Ogro”, ma ha tante, tantissime storie da raccontare.
“Quella volta che pesavo cento chili,
ma il Monumentàl cantava per me...”
[A.D.] http://liberopallone.blogspot.it/ - Riproduzione Riservata
foto nell'ordine: www.losandes.com.ar www.taringa.net; www.enational.ro; www.somosleprosos.com.ar, www.thefootballwelike.com
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