lunedì 23 maggio 2016

Quel bar è il Maracanà...



Sei lì, seduto ad un tavolino qualunque in un bar qualunque di un paesino qualunque.
Sei lì, in quel posto forse anche un po' squallido dove hai passato tante serate anonime, grigie, tutte uguali. Stessa storia, stessa storia, stesso bar, cantava il buon vecchio Max Pezzali. Ma quella sera la storia non è la stessa. Quella sera sei lì, e non vorresti essere altrove, per nessuna ragione al mondo. Il tuo posto quella sera è lì, perchè in televisione c'è un motivo per rimanerci, tra quelle quattro sbiadite mura di quello squallidissimo baretto di provincia.

Ci sono undici ragazzi che lottano su un prato verde a centinaia, magari migliaia di chilometri da te. Nessuno di quei ragazzi sa che tu esisti. Ma tu sai che esistono loro, hanno addosso la maglia per cui tu soffri, gioisci, ridi e piangi. Lo fai da sempre, da anni, da quando sei nato. E quella sera non puoi essere altrove, devi essere lì, davanti a quel televisore al tavolino di quel baretto, a soffrire, gioire, ridere e piangere insieme a loro. Insieme a loro, sì, perchè anche se quel pallone rotola a migliaia di chilometri da te, ti senti come se la stessi giocando pure tu, quella partita. In ogni corsa a perdifiato sulla fascia, in ogni goccia di sudore versata, in ogni grido del capitano che richiama all'ordine i suoi compagni, c'è anche un po' di te.

E' proprio squallido, quel baretto con le pareti sbiadite e quella puzza di vecchio che ti entra nelle narici. Ma quella sera ha un cuore che batte. Il cuore di generazioni diverse, di destini diversi che però, quella sera, convergono lì, totalmente dipendenti dalle immagini trasmesse da quel televisore appeso a quel muro incolore e un po' scrostato. Già, perchè non sei solo, quella sera. C'è il vecchietto che in quel bar, dopo essere andato in pensione, ha messo radici. Ci sono altri ragazzi come te, che la parola pensione la potranno leggere solamente nei libri di storia. Ci sono quelli col fedele bianchino sempre in mano, che senza quel bicchiere quasi non riesci ad immaginarteli. C'è il bambino con gli occhi sognanti rivolti verso lo schermo, c'è chi invece ha visto finire da un pezzo l'età dei sogni, e disilluso cerca in quel bar di fuggire dalla realtà per 90 minuti più recupero. Ma quella sera l'età non conta, non esistono generazioni, tutti i cuori battono allo stesso ritmo, in quel bar. Niente di tutto ciò che succede fuori da quelle mura sbiadite conta. Se quella sera ci fosse l'Apocalisse, fuori da quel bar, nessuno, dal bambino al vecchietto, se ne accorgerebbe. Ieri i destini di quelle persone erano distanti anni luce, domani torneranno ad esserlo. Ma stasera si incontrano e si intrecciano tutti lì, davanti a quel televisore. Tutti lì, a sperare che uno di quegli undici ragazzi, a migliaia di chilometri da quel bar, spedisca quel maledetto pallone dietro le spalle del portiere avversario. Non importa chi, non importa come.


Poi succede che uno di quei ragazzi, non importa chi, non importa come, riesce a buttarlo dentro al sacco, quel maledetto pallone. Ed è come una magia: quel bar qualunque di un qualunque paesino di provincia all'improvviso non è più squallido, anzi è il posto più bello del mondo, e nessuno, dal bambino al vecchietto, vorrebbe essere altrove in quel momento. Perchè basta una palla che scuote una rete, e anche un bar qualunque di un qualunque paesino di provincia può diventare il Maracanà.

[A.D.] http://liberopallone.blogspot.it/ - Riproduzione Riservata

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