martedì 10 gennaio 2017

Cessate il fuoco, gioca O'Rei!


Qualcuno, ogni tanto, ancora ci prova. "Il calcio è solo un gioco", sibila la voce, nel tentativo di spegnere il fuoco nel cuore degli appassionati, nel tentativo di oscurare la luce che ogni innamorato di pallone porta negli occhi. Nel 2017, però, con oltre un secolo di pallone ormai alle nostre spalle, di argomenti per smentirlo ne abbiamo in abbondanza. Il calcio non è, non è mai stato e mai sarà solamente un gioco: il calcio è un fenomeno sociale dall'incidenza ormai determinante nella vita di milioni di persone, parte integrante della storia di questo pianeta. Il calcio è stato in grado di scandirla e anche di indirizzarla, la storia del mondo, intersecandosi ed intrecciandosi con la stessa. Quel pallone che per qualcuno è soltanto un gioco è stato capace addirittura, in alcuni straordinari casi, di fermare le guerre, portando sprazzi di spensieratezza là dove regnavano sangue e odio. 
Il più famoso di questi episodi riguarda la cosiddetta "tregua di Natale" del 1914: lo scenario è quello di Ypres, nelle Fiandre, territorio che oggi appartiene al Belgio ma che allora è un'autentica terra di nessuno. Il 25 dicembre soldati tedeschi e truppe alleate si ritrovano a festeggiare insieme il Natale, in un "cessate il fuoco" spontaneo e non riconosciuto: una tregua che ad un certo punto si trasforma in una partita di calcio, giocata con un pallone di fortuna, ricavato con degli stracci. Così, senza nessun accordo pregresso, senza alcun ordine dall'alto, tedeschi e alleati cessano di spararsi addosso, ragazzi che scoprono di avere tanto in comune lasciano da parte per qualche giorno fucili e baionette, mettendo il naso fuori dalle trincee: la tregua dura fino a Capodanno, la storia di quella leggendaria partita è arrivata fino a noi.

Un caso simile, più recente ma molto meno celebre del precedente, è quello che secondo la leggenda va in scena in Nigeria nel 1969: una leggenda che però sembra essere vera solamente a metà. Per raccontarla, partiremo dal principio, andando un po' indietro nella storia della nazione africana.

La Nigeria, dal 1967, è teatro di una sanguinosa guerra civile, che al termine delle ostilità farà registrare un milione e duecento mila vittime, tra soldati e civili (ma si stima che sommando i morti per fame e malattie, la cifra salga a tre milioni). Sebbene il conflitto abbia ufficialmente inizio nel luglio '67, è nel '66, in una Nigeria ridotta ad una polveriera, che la guerra civile affonda le proprie radici: il 15 gennaio, con il pretesto di presunti brogli elettorali, alcune sezioni dell'esercito operano un colpo di stato destituendo il governo eletto. Il potere passa tra le mani del generale Johnson Aguiyi Ironsi, è lui il nuovo presidente della Nigeria. Passano appena sei mesi, però, ed ecco un contro-colpo di stato: Ironsi viene accusato di aver concesso promozioni a diversi ufficiali di etnia Igbo, popolazione diffusa nel sud del paese, a cui lui stesso appartiene, a spese di militari Yoruba e Hausa, altri due gruppi etno-linguistici diffusi in Africa occidentale. Il contro-colpo di stato da parte dei settentrionali destituisce Ironsi, il nuovo presidente è il tenente colonnello Yakubu Gowon, salito al potere il 29 luglio 1966. E' da queste tensioni etniche, meno di un anno più tardi, che divampa il fuoco che porta alla guerra civile: le province del sud, di etnia Igbo, autoproclamatesi Repubblica del Biafra, annunciano la loro secessione dalla Nigeria, la repressione del governo centrale è violentissima. Ogni tentativo di mediazione diplomatica va a vuoto, il 6 luglio 1967 due colonne dell'esercito federale nigeriano entrano nel territorio dell'autoproclamata Repubblica del Biafra: in Nigeria inizia ufficialmente la guerra civile.

Odumekwu Ojukwu, leader dei secessionisti del Biafra

Una mattanza che si concluderà solo due anni e mezzo dopo, all'alba del 1970, con la Repubblica del Biafra che firmerà la resa dopo una strenua resistenza, rinunciando alla secessione, con il governo centrale nigeriano che verrà accusato di genocidio nei confronti dell'etnia Igbo: immagine simbolo di quella sanguinosa guerra civile resteranno i corpi scheletrici, denutriti, segnati dalla fame, dei bambini delle province del Biafra. Proprio in seguito alla drammatica esperienza in Nigeria Bernard Kouchner, insieme ad altri medici francesi, fonderà nel 1971 l'organizzazione "Medici senza frontiere".

Nel frattempo, mentre in Nigeria imperversa la follia della guerra, dall'altra parte dell'Atlantico impazza il mito del Santos di Pelè. Dopo aver vinto due Mondiali, O'Rei è ormai diventato una star di livello internazionale: l'eco delle sue gesta è arrivata anche in Africa, anche in quella Nigeria insanguinata dalla guerra civile. Anche gli appassionati di pallone africani sognano di ammirare da vicino la Perla Nera e i suoi compagni del Santos: all'inizio del 1969, così, Pelè e il Peixe sorvolano l'Atlantico e sbarcano nel continente nero per una tournèe decisamente ben retribuita. Le federazioni africane sono disposte ad aprire i cordoni delle loro borse, pur di assicurarsi un'esibizione del più grande giocatore del mondo. I primi quattro impegni del Santos sono nella Repubblica Democratica del Congo, tra il 17 e il 23 gennaio 1969: all'esordio il Peixe vince 3-0 a Point Noire contro una rappresentativa locale, poi sconfigge 3-2 la nazionale congolese, che reincotrerà nell'ultimo impegno in questa nazione il 23 gennaio perdendo 3-2. Nel mezzo, il 21 gennaio, la vittoria 2-0 sulla nazionale congolese B.

Il 26 gennaio 1969, di domenica mattina, la delegazione brasiliana atterra all'aeroporto di Lagos, Nigeria: è qui che il Santos ha fissato la seconda tappa dal suo tour africano. Qualche chilometro più a est, ogni giorno si combatte, ogni giorno si muore, ogni giorno scorrono fiumi di sangue. Al Peixe la federazione nigeriana ha corrisposto la somma di 11 mila sterline nigeriane (valùta di valore equivalente alla sterlina britannica), in tanti, nel paese, si indignano, con il Nigerian Daily Times, noto quotidiano, che solleva la polemica: la nazione è dilaniata dalla guerra civile, è immorale ed ingiutificato spendere così tanti soldi per una semplice partita di calcio. "Il Santos è una squadra di statura internazionale, Pelè è il più grande giocatore della storia del calcio, abbiamo fatto un affare portandoli in Nigeria con una somma così ridotta. - sentenzia Alfred Osula, vice presidente federale - Per non parlare della fortuna che avranno i tifosi potendo ammirare così da vicino una star come O'Rei, e di quanto potranno apprendere da lui i nostri calciatori". Polemica messa a tacere, la partita si gioca.

Il Santos si presenta alle autorità nigeriane

E' il pomeriggio del 26 gennaio 1969, il Santos scende in campo a Lagos contro le Super Aquile, soprannome della nazionale nigeriana. In città regna l'ordine, l'organizzazione è impeccabile, il pubblico accorso sugli spalti per l'occasione numeroso ed entusiasta. Il match non tradisce le aspettative e si chiude con un divertente 2-2: per le Green Eagles vanno a segno Muyiwa Oshode e Baba Alli, per il Santos doppietta di Pelè. Ci sono tutti gli ingredienti per una giornata perfetta, la federazione nigeriana ha ottenuto il massimo che potesse desiderare: una partita vibrante, tanti gol, un'ottima prestazione dei beniamini di casa e una doppietta dell'uomo più atteso, Edson Arantes do Nascimento. E poi, questa partita ha permesso ad un popolo di dimenticare per un giorno gli orrori della guerra, il sangue, la morte, il dolore, che da quasi due anni stanno straziando il paese.

Il giorno dopo il Santos risale sull'aereo e riparte alla volta del Mozambico, terza tappa della torunèe africana: qui, il primo di febbraio, il Peixe batterà per 2-0 il Lourenco Marques. In Nigeria, nel frattempo, si comincia a lavorare sottotraccia: la partita di Lagos è stata un grandissimo successo, la federazione vorrebbe fare il bis, portando il Santos in un'altra città, mettendo Pelè in vetrina in un'altra zona della nazione. Un lavoro che per la verità, nelle stanze dei bottoni del calcio nigeriano, era iniziato ancor prima che i brasiliani sbarcassero a Lagos per la prima amichevole. Già dai primi giorni di gennaio Isaac Okonjo, presidente del Midwest Sports Council, aveva infatti iniziato a lavorare ad un'esibizione del Santos a Benin, centro a est di Lagos ripetutamente oggetto di attacchi da parte dei secessionisti del Biafra per la sua importanza strategico-economica: a Pelè e ai suoi compagni sarebbero andati ulteriori 6 mila sterline nigeriane, la partita si sarebbe giocata il 27 gennaio, il giorno dopo quella di Lagos contro le Green Eagles. Il Santos inizialmente rifiuta, poi torna sui suoi passi: si dice disponibile a giocare un'altra gare in terra nigeriana, ma non il 27 gennaio. O'Rei e i suoi compagni faranno ritorno in Nigeria qualche giorno dopo, solo dopo essersi esibiti in Mozambico. Martedì 4 febbraio è la data scelta, il Santos affronterà una rappresentativa centro occidentale nigeriana.

Atterrata a Benin, dopo uno scalo a Lagos, di prima mattina, la delegazione brasiliana, il 4 febbraio, porge visita al tenente colonnello Samuel Ogbemudia, leader del governo militare nigeriano nel Midwest del paese. Il pomeriggio, alle ore 15.30, al Benin's Ogbe Stadium, è previsto il calcio d'inizio della seconda esibizione del Santos in terra nigeriana. Le porte dell'impianto, inaugurato un anno prima e capace di contenere 10 mila persone, si aprono alle 10 del mattino: due ore prima del fischio d'inizio le tribune sono colme in ogni ordine di posto. Fuori dallo stadio altri centinaia di tifosi, senza biglietto, spingono per entrare, ma vengono respinti. In molti si presentano allo stadio con una sedia, nella speranza di trovare una sistemazione di fortuna a posti a sedere esauriti. Arrivano appassionati da tutto il paese, ma non solo: anche dalle nazioni confinanti centinaia di persone giungono a Benin per ammirare le gesta di Pelè., noncuranti della guerra civile in corso, noncuranti dell'orrore che sta devastando il sud-est del paese. Contro i determinati ma limitati calciatori locali il Santos vince, ma senza esagerare: la gara si chiude sul 2-1, Pelè non segna, vanno in rete Edu e Negreiros, mentre Okere firma il gol della bandiera locale. Dopo l'incontro il Santos tornerà a Lagos, per poi volare ad Accra, in Ghana, successiva tappa del tour, la penultima: dopodichè il Peixe giocherà in Algeria, per poi rientrare in patria il 9 febbraio 1969, dopo quasi un mese in terra africana.

Il mitico Santos di Pelè

La leggenda narra che in occasione di questo secondo match del Santos in Nigeria si verificò un incredibile "cessate il fuoco": i ribelli della Repubblica del Biafra e le forze governative si sarebbero accordati per cessare momentaneamente le ostilità, per 48 ore, il tempo per raggiungere Benin e godersi l'ultima esibizione di Pelè in Nigeria. Le due fazioni avrebbero così deposto le armi per 48 ore in nome del Dio Pallone, un Dio che in quegli anni aveva le fattezze di uno strabiliante brasiliano di nome Edson Arantes do Nascimento, conosciuto dal mondo intero come Pelè. Una storia, quella di questo "cessate il fuoco", raccontata da organi d'informazione autorevoli come la Cnn, il Telegraph e The Guardian: quanto c'è, però, di vero in questa leggenda? Quanto invece appartiene al mito, ad una versione romanzata dei fatti?

Innanzitutto è bene chiarire un'imprecisione ricorrente in cui spesso è incappato chi ha deciso di raccontare questa storia. Secondo diverse fonti, infatti, la tournèe del Santos in Nigeria sarebbe datata 1967, anzichè 1969: si tratta di un errore probabilmente nato da un refuso presente nell'autobiografia dello stesso Pelè, "My life and a beautiful game", uscita nel 1977, in cui O'Rei fa risalire (erroneamente) al '67 la sua visita in Nigeria con il Santos. Proprio da questa autobiografia, comunque, nascono i primi dubbi sulla veridicità della leggenda: Pelè, nel ricordare la tournèe, non fa infatti alcun cenno a questo presunto "cessate il fuoco", e addirittura cita solamente una delle due gare giocate dal suo Santos in Nigeria, quella di Lagos. A gennaio del 1967, peraltro, la guerra civile nigeriana non era ancora ufficialmente iniziata.

Alcune versioni di questa leggenda poi, parlano di un ponte, il Sapele Bridge di Benin City, che il tenente colonnello Samuel Ogbemudia avrebbe fatto aprire appositamente, in quel 4 febbraio, per permettere alla popolazione del Biafra di raggiungere lo stadio. La realtà dei fatti è però un'altra: quel ponte, di norma a pedaggio, fu aperto gratis in quella giornata per permettere a chi aveva raggiunto Benin per la partita di non dover sostenere ulteriori costi, di certo non per andare incontro ai secessionisti. Improbabile, inoltre, pensare che qualcuno, tra la popolazione del Biafra, potesse pensare di raggiungere Benin per assistere al match, rischiando di essere arrestato, o peggio, ucciso dalle forze governative. Di fronte a questo rischio, anche il più entusiasta tra gli appassionati avrebbe desistito. Pochi giorni prima, peraltro, un aereo dei ribelli aveva bombardato un villaggio di contadini, Obagie, a poche miglia da Benin, uccidendo quattro persone e ferendone a decine: raggiungere quella città per la partita del Santos, per il popolo del Biafra, sarebbe stato come finire nella tana del lupo, ed è inoltre davvero difficile pensare ad "cessate il fuoco" proprio a pochi giorni da un attacco del genere.

A sfatare questo mito ci sono poi le cronache dell'epoca: tutte le maggiori testate nigeriane riportarono la notizia delle due gare di Pelè e compagni a Lagos e Benin, con cronache ampie e dettagliate, nessuno, però, fece menzione di un "cessate il fuoco", nè se ne fa cenno nelle relazioni governative.

Una leggenda, quella del "cessate il fuoco" in nome di Pelè, che iniziò a diffondersi all'inizio degli anni '90, dopo un articolo di Michel Laurence, giornalista franco-brasiliano, in cui si parlava brevemente proprio del tour africano del Santos a inizio '69. L'alone di mistero che avvolge questa vicenda è poi stato alimentato dallo stesso Pelè, nella sua seconda autobiografia, uscita nelle librerie nel 2007, in cui O'Rei scrive: "Non sono sicuro che ci fu effettivamente un cessate il fuoco, ma i nigeriani sicuramente fecero in modo che non ci fossero invasioni da parte dei Biafra mentre eravamo a Lagos. Eravamo protetti dalla Polizia, il servizio di sicurezza da parte dell'esercito era imponente", commenta Pelè citando ancora una volta Lagos e non Benin. Pelè che poi, nel 2011, forse nell'intenzione di regalare agli appassionati una storia affascinante ed incredibile (anche se falsa) scelse di alimentare ulteriormente la leggenda in un'intervista rilasciata alla Cnn: "Sono orgoglioso di questo fatto, con la mia squadra fermammo la guerra. - racconta O'Rei - La gente impazziva per il calcio, lo amava, e cessò le ostilità per venire a vedere me e i miei compagni". La memoria, però, poi tradisce la Perla Nera, che prosegue: "Mi riferisco alla nostra tournèe del 1967 in Nigeria: le due fazioni si accordarono per un cessate il fuoco di 48 ore per assistere alla nostra partita a Lagos". Pelè non solo cita l'anno sbagliato (la tournèe avvenne come detto nel 1969), ma dimentica (per la terza volta) la partita di Benin, quella effettivamente protagonista di questa leggenda, parlando erroneamente di Lagos, dove il Santos aveva giocato la prima delle due partite in terra nigeriana.

Si dice che tre indizi fanno una prova. In questo caso gli indizi sono ben più di tre, e vanno tutti nella medesima direzione: tutto lascia pensare che la leggenda del "cessate il fuoco" in piena guerra civile per assistere all'esibizione di Pelè sia sostanzialmente un falso storico. Una storia affascinante, ma appartenente ad una versione distorta della realtà. Una leggenda senz'altro credibile: se c'era, negli anni '60, uno sportivo così influente da poter addirittura fermare una guerra, quello era senz'altro Pelè, tale era affermato il suo status di stella internazionale. La storia è quindi verosimile, ma non vera, ed è comprensibile come nel corso dei decenni il confine tra leggenda e realtà si sia fatto così sottile e labile.

Un miracolo, però, il pallone lo fece comunque: il "cessate il fuoco", come abbiamo visto, è probabilmente un falso, ma vero fu l'entusiasmo della gente, vera fu la trionfale accoglienza che la Nigeria riservò a Pelè a ai suoi compagni, accompagnati durante la loro permanenza a Lagos e a Benin da una folla festante, una folla in delirio di fronte alla stella più lucente del pallone mondiale, giunta in quella terra come un Messia da un mondo lontano, insieme ai suoi discepoli, per diffondere il suo verbo, per portare un po' di serenità e spensieratezza là, dove da lunghi mesi regnava il terrore, là, dove la morte era compagna quotidiana della vita di tutti. La sanguinosa guerra civile in atto non fermò le migliaia di persone che affollarono gli spalti degli stadi di Lagos e Benin: nemmeno la crudeltà di quel conflitto era riuscita a spegnere la passione per il pallone.

Anche senza il "cessate il fuoco", la potenza del calcio si era manifestata anche in Nigeria, facendosi spazio tra il sangue e le follie di un'atroce guerra civile.

Già allora, il calcio non era solo un gioco.

[A.D.] - www.liberopallone.blogspot.it - Riproduzione riservata

FONTI

http://www.curiosone.tv/sapevi-guerra-venne-interrotta-per-giorni-perche-i-soldati-potesser-assistere-ad-partita-pele-95886/

http://africasacountry.com/2015/10/when-pele-played-in-nigeria-during-its-civil-war-did-he-really-bring-a-ceasefire/

http://www.ilcatenaccio.es/it/2013/10/10/il-santos-pele-piu-forte-della-guerra/

https://it.wikipedia.org/wiki/Pel%C3%A9

https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_civile_in_Nigeria

FOTOGRAFIE

1 - www.globoesporte.globo.com
2 - en.wikipedia.org
3 - www.nairaland.com
4 - www.africasacountry.com

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