martedì 29 maggio 2018

Il calcio è in mano agli animali


Amo il calcio, lo amo da sempre e lo amo in ogni sua forma. Domenica, per lavoro, ho seguito una partita valida per i playoff di Prima Categoria. Un incontro che seguivo in maniera assolutamente neutrale, senza "parteggiare" per l'una o per l'altra squadra. Lo spettacolo, in campo, è stato decisamente piacevole: bella partita, combattuta, giocata bene da due squadre forti ed organizzate.


Il problema, anzi i problemi, stavano fuori dal campo. Fin dai primi minuti della partita (e intendo proprio i primi) alcuni "tifosi" della squadra ospite hanno preso a vomitare una serie di indicibili offese verso il direttore di gara. Ragazzi con la divisa sociale, signori anziani parsi educati ed eleganti fino ad un secondo prima del fischio d'inizio, signore di mezza età che sfoggiavano il vestito "da festa", quello della domenica, persino signore che la mezza età l'hanno superata da un po': insulti, offese che andavano ben al di là del classico e per certi versi goliardico "arbitro cornuto", vene che si gonfiavano lungo i loro colli, occhi spiritati. E no, non sto esagerando, è quel che ho visto domenica, sostanzialmente ad ogni singolo fischio dell'arbitro (o mancato fischio): ogni decisione era sbagliata, e anche quando era corretta, secondo questo branco di animali non era accompagnata dal cartellino del colore giusto. Quando un tifoso della squadra opposta ha osato educatamente insinuare il dubbio che forse queste persone stessero esagerando, è stato a propria volta aggredito verbalmente, alcuni degli animali gli si sono anche minacciosamente avvicinati intimandogli di "farsi i cazzi suoi", perchè "loro stavano parlando con l'arbitro, e mica con lui". Non sono scene che mi stupiscono, ma raramente mi era successo di vedere così tanto odio, così tanta violenza verbale, così tanta rabbia (peraltro totalmente immotivata, considerata l'ottima direzione dell'arbitro).

Tutto questo spiegone per arrivare al dunque. Amo il calcio, lo amo da sempre e lo amo in ogni sua forma. Ma domenica, per la prima volta in tutta la mia vita, per la prima volta dopo migliaia di partite seguite per lavoro o per passione, avrei voluto andarmene da quella tribuna. Di solito, quando guardo una partita mi sento al posto giusto nel mondo per 90 minuti più recupero: domenica non è stato così. Per la prima volta la voglia di vedere un pallone che rotola inseguito da 22 uomini è svanita. Mentre me ne stavo seduto lì, mentre quel gruppo di invasati rovesciava verso il campo tutto il suo odio, dentro di me saliva il desiderio di andarmene: avrei preferito davvero fare altro, avrei preferito dedicarmi a qualcuna di quelle cose che trascuro e ho sempre trascurato per fare posto al calcio.

Perchè insieme alla voglia di andarmene saliva anche la rassegnazione: il calcio ormai è in mano a questi animali. E questi animali mi fanno sentire sempre più lontano da quello che da vent'anni è il mio mondo preferito.

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