martedì 28 marzo 2017

Gli azzurri, la crisi e quella partita oscurata


Oggi, anno del Signore 2017, ogni appassionato di calcio può letteralmente nutrirsi di pallone, sette giorni su sette, ventiquattr'ore al giorno. In pasto ad ogni calciofilo i media gettano ogni singola sfaccettatura di questo patinato mondo: ogni singola partita genera ore di trasmissioni, dal pre-gara alle infinite analisi e moviole. L'ultima frontiera. le telecamere negli spogliatoi. Ci fu però un tempo in cui anche in Italia, una nazione che letteralmente vive di calcio, la ragion di Stato arrivò a spegnere le telecamere intorno al campo. E non si trattava di una partita qualunque, bensì di una partita della nazionale. Successe quarantuno anni fa, sembra passata un'era geologica. 

Arbitri e violenza: un calcio malato



La violenza contro gli arbitri: una piaga vera e propria che, ogni anno di più, avvelena il mondo del calcio dilettantistico e giovanile, una problematica che è di casa sui campi di ogni regione italiana: nessuno può chiamarsi fuori, nessuno può ritenersi lontano da questo cancro. I dati dell'Osservatorio dell'AIA parlano di un aumento vertiginoso degli episodi di violenza sui campi italiani (dai 375 del 2013-2014 ai 681 del 2015-2016): il problema c'è ed è quanto mai tangibile, lo testimoniano, oltre ai numeri diffusi dall'AIA, i comunicati ufficiali emanati ogni sette giorni dalla Lega Nazionale Dilettanti, in cui, alla voce “Giudice Sportivo”, ci si imbatte quasi settimanalmente in episodi di violenza – nel migliore dei casi “solo” verbale – contro i direttori di gara. Dopo aver appurato che la problematica c'è ed è concreta, proviamo ad approfondire, ad addentrarci tra le pieghe del problema. 

martedì 21 marzo 2017

Il volo spezzato di Stefano Impallomeni

 

Oggi Stefano Impallomeni, nato a Roma il 24 ottobre del 1967, di mestiere fa il giornalista sportivo. Lavora per Sky, è una di quelle voci che ogni settimana, ogni giorno, ci raccontano le decine e decine di storie che solamente il calcio sa regalare. C'è però stato un tempo, più di trent'anni fa, in cui Stefano non raccontava storie, c'è stato un tempo in cui lui era il protagonista, di quelli che le storie le scrivono: raccontarle, poi, sarà compito di altri.

lunedì 20 marzo 2017

Sebastian Deisler, la sofferenza nel destino


Oggi, il movimento calcistico tedesco è tra i più scintillanti del pianeta. Una nazionale stracolma di talenti, non a caso campione del mondo in carica, un campionato, la Bundesliga, in crescita costante non solo sotto il profilo tecnico, stadi all'avanguardia, la media spettatori più alta del continente europeo. Un movimento che, insomma, scoppia letteralmente di salute. Basta portare indietro le lancette degli orologi di poco più di 15 anni, però, per scoprire una realtà profondamente diversa. Negli anni a cavallo tra i due millenni, il movimento del pallone teutonico attraversa una fase di profonda crisi: emblematica l'eliminazione nella fase a gironi dell'Europeo del 2000 per la Mannschaft di Erich Ribbeck. Le speranze di rilancio, per la Germania del pallone, risiedono nei piedi e nel talento di un ragazzo appena ventenne affacciatosi sulla scena con la casacca del Borussia Moenchengladbach e poi passato nella capitale, all'Herta di Berlino. Sulle sue giovani spalle poggia il peso del rilancio di un movimento glorioso, quello tedesco, che si ritrova però improvvisamente orfano di veri campioni. Spalle giovani, che si riveleranno troppo fragili per sostenere una tale responsabilità.